Domenica 26 settembre scorso, come ogni mese, nei locali della parrocchia di S. Rocco è stato offerto il pranzo a coloro che non hanno fissa dimora.
Nicola Borraccia, che coordina il servizio, ci spiega che l’iniziativa è nata grazie alla proposta del parroco don Benedetto ed è stata subito accolta dai genitori del gruppo scout Bari 12. Dopo i primi mesi, l’iniziativa si è diffusa facilmente tra i parrocchiani ed ormai ogni mese sono più di 20 le persone che, alternandosi tra i volontari, preparano i pasti, allestiscono la sala, sistemano le porzioni nei piatti, servono ai tavoli ed accolgono con grande affetto e disponibilità gli amici che hanno bisogno di una mano.
Secondo le statistiche dell’efficientissimo Nicola Borraccia, metà degli ospiti sono africani e tra gli europei solo la metà è costituita da italiani. I mesi di maggiore affluenza di ospiti della nostra mensa sono stati quelli estivi: a luglio e agosto aumenta la presenza di stranieri, attratti dalla possibilità di lavoro nei campi, mentre cala la disponibilità dei volontari locali, in gran parte fuori per le vacanze.
In un anno e mezzo sono stati serviti 800 pasti solo nella parrocchia di S. Rocco e sappiamo che nel quartiere si può trovare un pasto caldo anche in Cattedrale, al Redentore e a S. Francesco.
Chiedo ad uno degli ospiti se conosce qualche organizzazione comunale che assicuri i pasti a chi ne ha bisogno quotidianamente. Mi risponde che non gli risulta: lui si affida alle varie parrocchie del territorio. Se ne deduce che la questione poggi solo sul volontariato. Il nostro amico ci racconta che ha lavorato per 40 anni come cameriere, ma poi ha scoperto che non gli hanno pagato contributi a sufficienza per avere diritto alla pensione e così, ora che è anche invalido, trascorre le notti al dormitorio (quello, invece, è pubblico) e mangia alle mense delle parrocchie. La domanda di pensione di invalidità pare si sia persa in qualche ufficio.
Un altro ospite mi racconta che è separato, non ha più una casa dove stare, non può lavorare perché malato e la pensione di invalidità, 250 € al mese, non basta per vivere.
Mentre ascolto queste storie, i volontari si affaccendano intorno a me e, dopo l’invito alla preghiera che ognuno rivolge al Dio in cui crede, si comincia a mangiare. Una delle ospiti mi chiede: “Ma voi non avete mangiato? Nemmeno un panino?” E mi sembra che al mio diniego ci resti male. Dal vicinissimo campanile ci giunge la notizia che è mezzogiorno e devo dire che l’atmosfera è allegra, nonostante le tristi storie.