
Articolo di BiancaMaria Fanti
Fotografie di Roberta Giordano
Il Rosatellum: cos’è e come funziona? Per rispondere a queste ed altre domande il prof. Nicola Colaianni, già magistrato della Suprema Corte di Cassazione, deputato per il PCI nella X legislatura, professore ordinario di Diritto Ecclesiastico all’Università di Bari, ha accolto l’invito di Libertiamoci ed ha incontrato un pubblico interessato e partecipe ieri, 20 febbraio, nei locali della parrocchia del Preziosismo Sangue in San Rocco, nel cuore del quartiere Libertà.
Accolti dal Parroco: Don Oliviero, animatore e coordinatore dell’incontro, Antonio Garofalo ha ricordato nella sua introduzione le fondamenta costituzionali del voto, come libera espressione di fiducia da parte del popolo che elegge i suoi rappresentanti nel consesso parlamentare.
Il voto è la massima espressione della partecipazione politica e una breve riflessione sul tema è stata proposta mediante la lettura di stralci delle Lettere ai Politici di don Tonino Bello.
Il voto è un dovere civico, come recita l’articolo 48 della nostra Costituzione, ma quanto stancamente e distrattamente tale dovere venga percepito è ben descritto nel brano di Giorgio Gaber “Il voto”, anche questo letto all’assemblea per introdurre l’argomento.
Sulla scia di tali letture, il prof. Colaianni si è inserito con perfetta continuità, fornendo subito un buon motivo per andare a votare: votiamo per cambiare i sondaggi, per sottrarci agli esiti scontati che vogliono trasmetterci la sensazione d’inutilità dell’azione.
Il professore è passato, quindi, alla spiegazione tecnica della legge elettorale, i cui tratti fondamentali sono riassunti nella scheda riportata nel seguito dell’articolo.
Dalla relazione del professor Colaianni emergono non pochi punti di criticità, che riguardano proprio gli aggettivi usati nell’articolo 48 della nostra Costituzione per definire il voto popolare: personale, uguale, libero e segreto:
– il voto congiunto, che si trasmette in maniera automatica alla lista collegata, solleva dubbi sulla libertà del voto,
– la mancanza del meccanismo dello scorporo fa sì che non tutti i voti siano sostanzialmente uguali (il voto di chi sceglie il candidato vincente vale anche per le liste collegate, quindi vale per due),
– i meccanismi relativi ai voti all’estero sollevano dubbi sulla segretezza.
Anche il principio dell’elezione diretta dei parlamentari è in qualche modo messo in pericolo dal meccanismo di ripartizione dei voti tra le varie liste collegate allo stesso candidato del collegio uninominale.
Le perplessità sollevate dalle riflessioni della serata sono importanti, come si evince anche dall’animata discussione che ha fatto seguito alla relazione, eppure, secondo il prof. Colaianni, l’unico modo per esprimersi resta l’inalienabile e irrinunciabile diritto al voto, per cui l’appuntamento con ciascuno di noi è per il 4 marzo alle urne.
SCHEDA DI SINTESI:
Collegi maggioritari
Saranno 231 collegi, pari al 36% dei Seggi della Camera. I partiti si potranno coalizzare per sostenere un comune candidato.
Proporzionale
Dei restanti 399 deputati, 12 continueranno a essere eletti nelle Circoscrizioni Estere, con metodo proporzionale. In Italia un deputato è eletto in Valle d’Aosta in un collegio uninominale; i restanti 386 deputati saranno eletti con metodo proporzionale in listini bloccati di 2-4 nomi.
Le liste proporzionali sono bloccate, vale a dire che l’elettore non ha nessuna possibilità di scelta cosicché i candidati saranno eletti secondo l’ordine deciso dai capi dei partiti. Poiché sono possibili le pluricandidature, fino a cinque, i capi dei partiti e delle correnti sono praticamente certi della loro rielezione.
Il testo delega il governo a definire questi collegi plurinominali.
Le Circoscrizioni, importanti per il recupero dei resti, saranno 28. In Senato saranno 20.
Soglia
Nella parte proporzionale la soglia a cui dovranno fare riferimento i partiti sarà il 3% sia alla Camera che al Senato. Per essere eletti a Palazzo Madama lo sbarramento si calcola su base nazionale e non più solo regionale.
Le (finte) coalizioni, vere protagoniste della legge, devono superare il 10%. I partiti che superano l’1% ma non il 3% regalano i loro voti all’intera coalizione.
Una scheda, voto unico
Diversamente dal Mattarellum, in cui c’erano due schede (una per il collegio ed una per il listino proporzionale, con la possibilità di un voto disgiunto), con il “Rosatellum 2.0” ci sarà una scheda unica. In essa il nome del candidato nel collegio sarà affiancato dai simboli dei partiti che lo sostengono, così l’elettore non è più pienamente libero di esprimere la sua volontà .
Voto disperso
I voti degli elettori che avranno barrato il nome del solo candidato del collegio uninominale saranno distribuiti proporzionalmente ai partiti che sostengono il candidato del collegio.
Barrando sul simbolo del partito il voto andrà al candidato del collegio e al partito per la parte proporzionale. Dunque gli elettori non avranno due voti, ma uno solo. Quindi, non potranno scegliere il candidato che preferiscono nel collegio uninominale e una lista di un altro partito nella parte proporzionale com’è non solo possibile e desiderabile, ma ampiamente praticato con la legge proporzionale vigente in Germania.
Sotto la soglia dell’1% i voti andranno dispersi.
Scorporo
Non è previsto lo scorporo come accadeva invece nel Mattarellum.
In caso di pareggio il candidato più giovane vince
Nel caso in cui due candidati in un collegio uninominale ottengano lo stesso numero dei voti «è eletto il più giovane d’età».
Le firme
Viene dimezzato rispetto al testo originario il numero delle firme da raccogliere per tutti quei partiti o nuove formazioni che non sono in Parlamento o non hanno un proprio gruppo. Il numero di firme da raccogliere passa, dunque, da 1.500-2.000 a circa 750. Pure in questo caso solo per le prossime elezioni, anche gli avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione potranno autenticare le firme per la presentazione delle liste elettorali.
Tratto da: “Il re e il profeta-Lettera ai politici” – DON TONINO BELLO
La politica è anzitutto “arte”. Il che significa che chi la pratica deve essere un artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. Disposta sempre meno alle costrizioni della logica di partito e sempre più all’invenzione creativa che gli viene chiesta dalla irripetibilità della persona. […]
La politica è, poi, “arte nobile”. Nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile, perché emergente di incoercibili esigenze di progresso, di pace, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana nella sua dimensione individuale e comunitaria. […]
La politica è, infine, “arte nobile e difficile”. Difficile perché le sue regole non sono assolute e imperiture. Sicché, proprio per evitare i rischi dell’ideologia, vanno rimesse continuamente in discussione. Difficile, perché esige il saper vivere nella conflittualità dei partiti, contemperando il rispetto e la lotta, l’accoglimento e il rifiuto, la convergenza e la divaricazione. Difficile, perché richiede, nei credenti in modo particolare, la presa di coscienza della autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale, e il riconoscimento della sua laicità e della sua mondanità. Difficile, perché significa affermare, pur nell’ambito della comunità cristiana, un pluralismo di opzioni.
Tratto da: “Il voto” – GIORGIO GABER
Secondo me, se va avanti così, va a finire che a votare non ci va più nessuno.
No, dico, è una cosa grave. Grave per chi? Per la gente, no. Per i Partiti, nemmeno, tanto rimane tutto uguale. Lo Stato è lì, bello solido. E allora perché è grave? Ma se in America, che sono sempre più avanti di noi, non va a votare quasi nessuno.
Che democrazia, eh! Stiamo diventando americani anche in questo.
E pensare che nel dopoguerra si picchiavano per andare a votare. Si picchiavano nelle strade, gran passione, nelle piazze, scontri, comizi, bianchi, neri, repubblicani, monarchici, destra, sinistra, tutti alle urne, anche le donne finalmente. Il suffragio universale.
Adesso, quella domenica lì, quelli di sinistra vanno a Riccione, quelli di destra vanno in Sardegna… il naufragio universale.
Ma perché fate le elezioni d’estate, che vince sempre il mare.
D’altronde il voto è un diritto-dovere. Anche questa è bella. Che sia un diritto lo abbiamo capito tutti. Che sia un dovere, ultimamente non l’ha capito nessuno.
Che mestiere strano quello del politico. È l’unico mestiere in cui uno dice: «Io sono il più bravo». E se lo dice da sé. E te lo scrive, e te lo grida, nelle piazze, nei comizi. «Io sono l’uomo giusto al posto giusto». Complimenti. Eccoli qua..
E allora come si fa a tacciare di sterile menefreghismo uno che non vota? Potrebbe essere un rifiuto forte e cosciente di “questa” politica.
No, perché non è mica facile non andare a votare. Soprattutto non è bello farlo così, a cuor leggero, o addirittura farsene un vanto.
C’è dentro il disagio di non appartenere più a niente, di essere diventati totalmente impotenti. C’è dentro il dolore di essere diventati così poveri di ideali, senza più uno slancio, un sogno, una proposta, una fede.
È come una specie di resa.
Ma al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell’intervento, al di là del fare o non fare politica, l’importante sarebbe continuare a “essere” politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini.
E questo non è un diritto. È un dovere.