
Articolo di Antonio Garofalo – intervista al dott.Pasquale Martino
fotografie tratte dal web
Siamo fuori tempo? Tale interrogativo potrebbe declinarsi in altro modo: per parlare del passato di un Paese lo si può fare in ogni momento? Per me è sì, basta averne conoscenza o esserne stati testimoni.
E’ il caso del “25 aprile” che porta con sé l’eco della libertà che non si sopisce mai… E’ stato così anche quest’anno per esempio durante la manifestazione nazionale dei sindacati svoltasi a Bologna. Infatti, dal palco del Primo maggio, si è ricordato che è anche grazie alla “liberazione”, se oggi in Italia si festeggia il lavoro.
E’ così ormai, anche quando si parla d’immigrazione, di scuola. Infatti, si è preso spunto dal 25 aprile, per ri-promuovere la storia come studio fondamentale nelle scuole, evitando che venga “decisamente cancellata”, a danno dei giovani o della memoria di un popolo. Studiosi e persone autorevoli, hanno lanciato un singolare appello a tal proposito. (Vedremo cosa il governo sarà in grado di contrapporre a tale evidente attualità).
Ritornando alla data in parola, sarà proprio la sua attualità a non renderla immune da polemiche, divisioni o dal perenne prenderla di mira, a volte anche e solo come data, altre come elementare valore permanente nazionale. Siamo stati vincitori e non vinti, grazie al contributo di tanti partigiani, anche baresi, non bisogna dimenticarlo.
Ancora, quanto il 25 aprile può rimanere resistente e compatto agli attacchi? La risposta è fino a quando saremo uniti ovvero fino a quanso ci sarà qualcuno a difenderlo, accanto a quell’unica “forza” che al momento non cede: l’antifascismo.
Ne abbiamo avuta la dimostrazione proprio a Bari con la lectio magistralis del prof. Luciano Canfora, dal titolo: “Mai più fascismi”. Manifestazione riuscitissima.
Già, ma fino a quando?
Proprio da tale questione mi sembra giusto parlare con un referente (cittadino) più che rappresentativo per cultura politica, intellettuale, di partecipazione civica e storica: il prof. Pasquale Martino.
Già Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Bari (2004-2009), è professore di lettere e autore di pubblicazioni di storia, letteratura latina, traduzioni di classici greci e latini. Attualmente è membro della Segreteria Provinciale dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Bari.
Attraverso le sue parole vorremmo lasciare, soprattutto ai giovani, un documento leggibile e intellegibile, su quell’unica linea che tiene uniti 25 aprile 1945 e Costituzione: la libertà.
Come scuola di formazione alla cittadinanza attiva “Libertiamoci” avremmo voluto portare nelle scuole la sua testimonianza, insieme a quella di altri autorevoli voci che si sono espresse sul tema, avremmo voluto parlare direttamente ai ragazzi, ai giovani, ma purtroppo non è stato possibile. Il progetto potrebbe avverarsi però in un prossimo futuro, chissà. Sicuramente ci impegneremo per realizzarlo.
INTERVISTA AL DOTT. PASQUALE MARTINO
Perché il 25 aprile 1945 è in perenne discussione, nonostante abbia come “garante” la Costituzione?
Non sempre è stato così. L’avversione per il 25 aprile è stata tramandata in modo sotterraneo dai nostalgici del fascismo, dichiarati e non, ma ha acquisito forza quando, più di venti anni fa, una parte del mondo politico ha ritenuto superata la discriminante antifascista e ha addirittura inserito i neofascisti nel governo del Paese, prima ancora che quelli cambiassero nome. Ma l’antipatia per la festa della Liberazione sebbene rinfocolata costantemente non si è propagata più di tanto: quest’anno l’unico personaggio politico di rilievo che ha disertato le celebrazioni è stato Salvini, alla caccia di un certo elettorato.
Che significa oggi la parola libertà?
Libertà di esprimere il proprio pensiero, di coltivarlo attraverso la formazione culturale, di partecipare alla vita sociale e politica con spirito indipendente. Tuttavia bisogna anche essere liberi dal bisogno, dal condizionamento sociale e dalle discriminazioni di classe, di genere e via dicendo. La libertà – amava ricordare Sandro Pertini – non esiste senza giustizia sociale.
E perché al fascismo fu permesso di violarla?
L’ascesa del fascismo al potere fu consentita dalla debolezza e crisi dello Stato liberale, che aveva basi democratiche molto limitate, e dal cinico opportunismo del re che era a capo dello Stato e che assai poco si intendeva di libertà. Insomma le difese della libertà erano fragili. Fu decisivo l’appoggio del potere economico, che usò gli squadristi contro i lavoratori. Contarono molto la divisione delle forze antifasciste e la sottovalutazione della pericolosità del fascismo, nei primi anni, quando era possibile in varie circostanze fermarne l’avanzata.
“Il testamento dei centomila morti” (come diceva Calamandrei) è nato dal confronto di culture politiche diverse e contrapposte. Senza l’unità e il dialogo, fondamentali, avremmo mai avuto la Costituzione? Oggi tali due elementi sono (ancora) possibili?
La Costituzione è il frutto di un confronto dialettico e di un percorso di elaborazione di altissimo livello, animato da una tensione ideale possiamo dire inedita, che proprio la lotta di liberazione aveva generato. Si voleva chiudere non solo la pagina devastante della guerra (e della sconfitta), ma anche il lungo capitolo del regime mussoliniano che aveva significato il conformismo eretto a sistema e il servilismo a ogni livello della società. Proprio per girare pagina, era intervenuta la solida unità del CLN nella Resistenza, pur nella dialettica talora aspra fra i partiti. Questa vicenda si trasfuse nel processo costituente, in cui trovarono spazio e sbocco, variamente, le diverse culture politiche dell’antifascismo. Oggi le forze politiche che si richiamano alla democrazia costituzionale dovrebbero riconoscere la comunanza e la priorità intangibile dei valori repubblicani, impegnandosi a rispettarli, al di sopra delle differenze politiche che sono inevitabili e necessarie nel sistema democratico.
Cosa significa oggi quella “data di liberazione” e cosa significa per il futuro di questo Paese?
Il 25 aprile è e resterà la festa che ci ricorda il vero significato storico della Liberazione: il moto di un popolo che insorge nella lotta dei suoi figli migliori, che si riscatta dalla sconfitta che il fascismo aveva inflitto all’Italia, che rifonda ex novo la propria democrazia. Senza il 25 aprile non ci sarebbe stato il 2 giugno, la nascita della Repubblica. Sono due date e due feste indissolubilmente collegate e tali resteranno nonostante i filo-fascisti non rassegnati. Almeno finché l’Italia sarà una Repubblica e una democrazia e finché gli italiani sapranno vigilare su tali presupposti.
Tra un po’ voteremo per l’Europa. Si può dire che la memoria e il ricordo delle tragedie e degli errori del passato – regime fascista e nazista – e degli sforzi fatti per superarli, attraverso la Resistenza e insieme agli Alleati europei, americani, russi, sono invece una base fondamentale e indispensabile?
La Costruzione dell’unità europea è avvenuta con molti errori: primo fra tutti, la torsione economica e finanziaria che ha umiliato i diritti sociali e lo stesso esercizio della democrazia, favorendo la rinascita di nazionalisti di stampo populista e il corollario disgustoso di gruppi neonazisti che esaltano il suprematismo bianco, l’antisemitismo e l’islamofobia. Occorre ricordare che gli ideali della Resistenza europea non riguardavano soltanto un’astratta libertà, ma piuttosto il rispetto e lo sviluppo dei diritti sociali e politici, calpestati dal nazifascismo. Si sognava una società migliore, senza discriminazioni, di uguali opportunità per tutti. L’Europa doveva essere un esempio di libertà e uguaglianza, di fratellanza fra popoli, doveva mettere a disposizione le sue risorse e la sua ricchezza, senza chiudersi nei confini come oggi si vuole e purtroppo si sta facendo.
Voteremo anche per il governo della nostra città: cosa consigliate o proponente al futuro sindaco per tenere ben vivi e saldi i valori dell’antifascismo rispetto alle discriminazioni, all’accoglienza, alla solidarietà, alla partecipazione e alla democrazia?
C’è da augurarsi che la prossima amministrazione comunale confermi il percorso virtuoso di memoria storica iniziato e consolidato ormai da parecchi anni; percorso che è valso alla città di Bari la medaglia d’oro al valor civile per gli atti del 1943, compiuti durante la lotta al nazifascismo. Il recupero della storia antifascista dei luoghi della città deve diventare sempre più un patrimonio della memoria pubblica, delle scuole e dell’Università. È importante il contributo che danno le associazioni e le forze civiche organizzate, fra cui l’Anpi e il Coordinamento antifascista, ma resta fondamentale il ruolo della principale istituzione democratica di cui la città dispone: il Comune. L’antifascismo, inoltre, non solo è memoria, ma impegno di solidarietà contro le discriminazioni, è soprattutto e decisamente antirazzismo. E in questo senso ci aspettiamo un segnale forte dal voto democratico di Bari.