VIA DANTE ALIGHIERI

Questa nota strada di Bari, che attraversa il quartiere Libertà ed anche il quartiere Murat, venne intitolata al massimo poeta italiano nel 1894. E’ proprio alla figura dello straordinario poeta che abbiamo deciso di dedicare questa nuova tappa del nostro viaggio attraverso le vie del quartiere.

Poche personalità hanno radicalmente influenzato lo sviluppo dell’arte, della cultura, della vita di una comunità e allo stesso tempo si sono radicate così profondamente nell’identità di tale comunità da diventarne patrimonio collettivo universalmente riconosciuto. Una di queste personalità, da secoli ormai indissolubilmente legata al nome e alla riconoscibilità dell’Italia davanti al  mondo, è Dante Alighieri.

Biografia

Dante nasce nel 1265 a Firenze, il centro più florido e dinamico dell’Italia dell’epoca. La sua famiglia, pur appartenendo alla piccola nobiltà, si dedica anche a piccole attività finanziarie e commerciali che le assicurano tranquillità economica. Il giovane Dante può così dedicarsi agli studi, cui si accosterà in maniera irregolare da autodidatta ma con grande passione e profitto, assorbendo profondamente non solo i testi sacri e i classici latini (fra cui soprattutto il prediletto Virgilio, che definirà “lo mio maestro e ‘l mio autore”), ma anche le più moderne elaborazioni della poesia provenzale e della filosofia di San Tommaso. A 18 anni incontra Beatrice, la donna che sarà il centro e il motore di tutta la sua opera e che consegnerà alla storia dedicandole immortali componimenti amorosi. In età adulta intraprende anche un’appassionata attività politica, attraversando gli anni più accesi del contrasto politico fiorentino, all’epoca segnato da duri scontri tra le due fazioni guelfe dei Bianchi (che sostenevano l’indipendenza totale di Firenze e cui apparteneva lo stesso Dante) e dei Neri (propensi invece a sottoporre la città all’influenza del Papa). Dante ottiene così la carica di priore ma si trova in un momento di particolare inasprimento degli scontri ed è costretto a infliggere la pena dell’esilio ai più violenti capi fazione, tra cui anche al suo amico e poeta Guido Cavalcanti. Ma la lotta continua e Dante si ritrova nel turbine dei contrasti, finchè nel 1301, le truppe angioine di Carlo di Valois, alleato del Papa, giungono in aiuto dei Neri e consegnano loro la vittoria. La repressione dei vincitori nei confronti dei loro nemici è efferata e la stessa città di Firenze subisce saccheggi e incendi. Anche Dante subisce la sconfitta ed è condannato all’esilio. Da adesso, il poeta non tornerà mai più in patria, dando invece inizio ad un pellegrinaggio che lo condurrà in diverse città italiane, da Verona, ad Arezzo, a Treviso, Lucca fino a Ravenna, dove tutt’oggi risiedono le sue spoglie. Durante gli anni dell’esilio, Dante comporrà, fino a poco prima della morte, avvenuta nel 1321, la sua opera maggiore, la Commedia, comunemente detta la Divina Commedia.

Dante padre della lingua italiana

Proprio per il grande successo del poeta presso i suoi contemporanei, dovuto alla competenza dottrinale e morale e per perizia tecnica, oggi Dante Alighieri è conosciuto come il padre della lingua italiana. L’intera opera dantesca, a partire dalle composizioni giovanili, fino ai trattati filosofici e politici e al poema maggiore, può essere interpretata come il progressivo riscatto del volgare letterario toscano (cioè di quella lingua che si parlava quotidianamente in Toscana e  che si era resa, nel corso del tempo e con l’opera dei vari poeti e scrittori, “letteraria”, cioè costitutivamente destinata all’impiego nella scrittura d’arte e per questo depurata da forme e termini troppo “bassi.) dalla soggezione culturale del latino, la lingua degli intellettuali del medioevo. Con Dante, infatti, il volgare raggiunge tutto l’arco delle possibili potenzialità espressive che una lingua può sperimentare e, di fatto, viene parificato al latino. Dante, dunque, esporta questa nuova lingua in tutte le città che visita durante il suo lungo esili. Egli impone la statura di una lingua, il volgare toscano illustre, che inizia subito ad a essere percepita come un bene comune di tutte le corti italiane, che pur conservavano una propria parlata. Tale bene comune, dunque, non è altro che il primo nucleo dell’italiano, lingua che ci è pervenuta oggi, seppure con modificazioni nel corso dei secoli, come abbiamo visto proprio da Dante. Ma le ragioni della sua grandezza ovviamente non risiedono solo in questo fenomeno.

Cenni sull’opera e sull’ideologia

Dante è alla ricerca di una onnicomprensiva sistemazione del sapere e soprattutto del senso che governa l’umano agire e convivere. Raggiunge il suo intento proprio nel poema maggiore, che sottopone l’intera struttura dell’universo all’intelletto divino ma consegna ogni singolo elemento di tale universo, e soprattutto l’uomo, alla propria volontà di autodeterminazione. Come sappiamo, nella Commedia Dante immagina di intraprendere un viaggio attraverso i tre regni dell’aldilà, l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, incontrando vari personaggi, ora storici, ora tratti dalla mitologia. Il Dante viaggiatore, cioè ciascuno di noi lettori, viene portato alla presenza di figure che raccontano la loro storia, dimostrano il loro caso particolare, raccontano come hanno, in vita, esercitato la propria volontà, scontrandosi con la complessità dell’esistenza, fino a guadagnarsi chi l’Inferno, chi il Purgatorio, chi il Paradiso. Ed ecco  che, per questo,  Il viaggio di Dante diventa un viaggio dell’uomo nell’uomo, ed è qui che risiede, a nostro avviso, l’inesauribile ricchezza di un opera medievale che parla con lingua e valore contemporanei.

Articolo di Agnese Di Nardi                                                                    Approfondimento a cura di Francesco Lamacchia

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