Educhiamoci alla vita dicendo “No alla pena di morte”

Il 29 novembre u.s. si è svolta, nell’Aula Magna Aldo Cossu dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, la conferenza dal titolo: “Le Ragioni della lotta per l’abolizione della pena di morte nel mondo”.
Fra i relatori il Prof. Giuseppe Gabrielli dell’Università Federico II di Napoli che ci ha gentilmente inviato quest’articolo e di cui pubblichiamo il testo integrale.

articolo di Giuseppe Gabrielli, Comunità di Sant’Egidio

In occasione della Giornata internazionale Cities for Life, “Città per la Vita, Città contro la pena di morte”, la più grande mobilitazione contemporanea planetaria per indicare una forma più alta e civile di giustizia contro pena capitale, l’Associazione Sacco e Vanzetti e la Comunità di Sant’Egidio hanno organizzato lo scorso 29 Novembre a Bari nell’Aula Magna Aldo Cossu dell’Università degli studi di Bari A. Moro la conferenza dal titolo: “Le Ragioni della lotta per l’abolizione della pena di morte del mondo”. Nell’occasione, circa 200 tra studenti universitari di Scienze Politiche e di Giurisprudenza e studenti delle scuole superiori hanno ascoltato gli interventi che si sono succeduti nell’arco della mattinata.

La conferenza, presieduta da Matteo Marolla, presidente dell’Associazione Sacco e Vanzetti, ha visto il saluto del Magnifico Rettore prof. Antonio Felice Uricchio e di Sua Eccellenza Monsignor Francesco Cacucci e la partecipazione di illustri ospiti tra cui la sig.ra Maria Fernanda Sacco, Presidente Onoraria dell’Associazione Sacco e Vanzetti, e il prof. George Kain, docente Diritto penale alla Western Connecticut State University, nonché commissario di polizia a Ridgefield, sulla costa orientale degli Usa.

Maria Fernanda Sacco, ottantasette anni, ultima nipote vivente di Nicola, ha raccontato durante il suo appassionato e toccante intervento: «Io sono nata cinque anni dopo la sua morte. Ho sempre convissuto con la memoria di questa tragedia ricordata sempre da tutta la nostra numerosa famiglia». Sacco, pugliese ed operaio in una fabbrica di scarpe, e Vanzetti, venditore ambulante di pesce, furono condannati a morte per omicidio il 23 agosto del 1927 nella prigione di Charlestown sulla base di pregiudizi politici e razziali alla fine di un processo farsa in cui non fu esercitato il diritto della difesa. Solo dopo cinquant’anni dalla loro morte, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti. Sono tanti gli impegni messi insieme dalla tenacia della Sig.ra Fernanda Sacco che lavora ogni giorno della sua vita per sensibilizzare in particolare le giovani generazioni affinché si realizzi presto «l’abolizione della pena di morte in tutti i Paesi del Mondo e l’affermazione della dignità di ogni essere umano».

George Kain è da tanti anni testimonial della battaglia negli Stati Uniti d’America per l’abolizione della pena di morte. Dopo essere inizialmente favorevole alla condanna a morte, George ha iniziato un lungo cammino di riflessione intellettuale che lo ha portato a cambiare idea. Ha detto: « Negli anni ho approfondito la questione e ho incontrato molte persone che hanno segnato questo mio percorso di cambiamento. Tra tutti ha ricordato Thurgood Marshall, il giudice della Corte suprema degli Stati Uniti, dicendo: «Non ho mai dimenticato le sue parole: “Se la gente conoscesse la verità sulla pena di morte, smetterebbe di sostenerla”». Netta la motivazione: «Dopo che si è uccisa una persona non si può più tornare indietro. Sono 164 le persone giustiziate negli Usa e che in seguito si sono rivelate innocenti, e conosciamo molte altre situazioni – ha aggiunto Kain – nelle quali dei detenuti rischiano di pagare un prezzo elevatissimo per un crimine che non hanno commesso».

Tanti gli interventi che hanno voluto accompagnare nel corso della mattinata le due testimonianze: la prof.ssa Maria Luisa Lo Giacco, docente di Diritto Canonico ed Ecclesiastico ed esponente della Comunità di Sant’Egidio; il prof. Antonio Incampo, docente di Filosofia del Diritto; il dott. Antonio Laronga, procuratore aggiunto del Tribunale di Foggia; il dott. Dino Alberto Mangialardi, responsabile del gruppo Amnesty International di Bari.

Si tratta di un movimento di difesa della vita che ogni anno si accresce coinvolgendo migliaia di persone di tutte le età e a ogni latitudine. Questo movimento arriva fino alla più alta istanza politica del mondo che è l’Assemblea delle Nazioni Unite, con la proposta di moratoria universale sulle esecuzioni iniziata nel 2007, in cui l’Italia gioca un ruolo decisivo, e che ha visto nell’ultima votazione del 14 novembre 2018 il voto così ripartito: 123 a favore della moratoria, 36 contrari, 30 astenuti. Un voto molto incoraggiante che in dieci anni ha visto ridursi il fronte dei contrari passando da 52 a 36 Paesi, 16 paesi hanno cambiato opinione. Accanto a questo vanno aggiunte le tante notizie positive giunte in questi anni da paesi retenzionisti passati all’abolizione de jure o de facto.

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