LA PACE SEMPRE

Articolo di Antonio Garofalo

Qualche mese fa in una delle tante iniziative cittadine, una ragazza di scuola superiore, mi disse: “La pace più che raccontarla, bisogna farla”. Frase netta, di candida attualità, infinitamente vera. Ma anche pensiero di schietta semplicità, messaggio e dovere, a cui i giovani richiamano noi adulti, iniziando proprio da chi si occupa di cittadinanza attiva.

È nata così questa intervista al dott. Vito Luca Micunco coordinatore del Comitato per la Pace di Terra di Bari. Mai come ora questa, “esigenza universale”, quella della pace appunto, diviene assillo e pungolo per chiunque si ponga come obiettivo, la “cooperazione e la solidarietà tra i popoli”, più che le guerre.  

Dott. Micunco qual è brevemente la storia della associazione Comitato per la Pace di cui sei coordinatore?

Come in altre città, anche qui a Bari è attivo un comitato per la pace il cui scopo principale è quello di rendere permanente un impegno di animazione sui temi della pace e della nonviolenza.

Il comitato di Bari si è costituito nel 2017 su iniziativa di oltre 40 tra gruppi, movimenti, associazioni, organizzazioni sindacali e comunità religiose e si pone in ideale continuità con una lunga tradizione di lotte che in questo territorio si sono caratterizzate soprattutto in senso antimilitarista.

A livello locale, infatti, il movimento pacifista nasce già nei primi anni 60 con le lotte contro la presenza dei missili Jupiter sull’Alta Murgia, cresce per tutti gli anni 70 con le lotte contro i poligoni di tiro militare, che sulla Murgia avevano preso il posto dei missili dopo che gli stessi erano stati smantellati, e culmina negli anni 80 con le lotte, ormai estese all’intera regione, contro un processo di militarizzazione sempre più intenso che faceva della Puglia una delle aree più militarizzate del paese.

Indubbio il valore politico della pace, ma in cosa quella che si chiede in Ucraina è più significativa, rispetto alle tante guerre che affliggono il nostro pianeta?

La guerra in Ucraina è parte di quella che, con intuizione profetica, papa Francesco ha chiamato terza guerra mondiale a pezzi.

Ma rispetto alle altre 50 guerre attualmente in corso, la guerra in Ucraina assume una rilevanza particolare perché non rappresenta semplicemente una guerra di carattere regionale ma una vera e propria guerra globale che coinvolge (sia pure indirettamente) tutti i paesi occidentali, con il rischio (tutt’altro che remoto) che il conflitto possa allargarsi anche ad altri paesi e divenire uno scontro diretto tra NATO e Russia, e dunque trasformarsi in una guerra nucleare.

C’è una pace “giusta” oppure “unica”?

È certamente vero che non c’è pace senza giustizia (l’ingiustizia è sempre la causa di ogni guerra).

Ma la sola giustizia non basta.

In primo luogo, perché c’è sempre il pericolo che si tratti di una giustizia unilaterale.

E in secondo luogo perché la giustizia è chiamata a creare le condizioni per una pace che sia duratura, obiettivo per il quale un criterio più valido sembra essere quello del bene comune, anzi del bene comune universale, ovvero di un bene che non è neanche nella disponibilità – in maniera esclusiva – delle parti in conflitto.

Cosa ne pensi sulla probabile costituzione di un partito “sulla pace”?

Per rispondere a questa domanda forse vale la pena ripercorrere le tappe principali del movimento contro la guerra in Ucraina.

In questi 19 mesi di mobilitazione il movimento ha attraversato almeno tre fasi, ognuna delle quali rispetto alla precedente si è caratterizzata per una migliore comprensione del senso e della portata di quanto sta accadendo e per una maggiore consapevolezza di cosa si possa e si debba fare per la pace.

C’è stata così una prima fase in cui il movimento si è limitato ad esprimere la propria solidarietà al popolo ucraino e a dare voce ad una generica volontà di pace del popolo italiano.

Ad essa è seguita una seconda fase, che è culminata con la grande manifestazione nazionale di Roma del 5 novembre dello scorso anno, in cui il movimento si è schierato incondizionatamente contro la guerra, chiedendo l’immediato cessate il fuoco e l’avvio di un negoziato per la pace.

Infine, si è avuta una terza fase (l’attuale) che di fatto vede la convergenza di tutto il movimento su una posizione di netta contrarietà all’invio delle armi, segno evidente che ciò che fin dall’inizio era chiaro a pochi, oggi è chiaro a tutti: siamo dentro una guerra che nessuno ha davvero voluto impedire e che nessuno ha davvero intenzione di fermare.

Si prospetta infatti una guerra di lunga durata che si protrarrà forse ancora per anni con pesantissime conseguenze in termini di vite umane, di devastazione ambientale, di carestia alimentare, di peggioramento delle condizioni di vita di milioni e milioni di persone.

Insomma, una catastrofe economica e sociale di proporzioni inaudite!

A farne le spese, oltre alle popolazioni direttamente coinvolte nel conflitto, saranno i paesi più poveri del pianeta e, nei paesi del ricco occidente, la parte più debole e vulnerabile della popolazione.

Di questo i cittadini italiani sono ormai consapevoli.

Forse allora è giunto il momento di aprire una quarta fase in grado di offrire uno sbocco politico al movimento.

Uno sbocco che dia una rappresentanza politica alla volontà di pace del popolo italiano e che imponga la guerra come la questione principale, la questione da cui ogni altra questione dipende e senza la quale ogni altra iniziativa in favore di un miglioramento delle attuali condizioni di vita e di lavoro verrebbe fatalmente vanificata.

In questa prospettiva abbiamo davanti due appuntamenti da non mancare: il rinnovo del decreto di invio degli aiuti militari a Kiev e le prossime elezioni europee.

Un’ultima domanda, essendo nella vostra denominazione associativa “…terra di Bari”, quali obiettivi e programmi dovrebbe provare a realizzare il prossimo sindaco della nostra città? Hai a mente chi potrebbe essere (un nome) quello ideale?

Le istituzioni locali, a prescindere dal loro colore politico, hanno il dovere di dare voce alla volontà di pace delle comunità che esse rappresentano.

È dunque fondamentale che anche il tema della pace riesca a trovare un proprio spazio all’interno dei diversi programmi elettorali, non solo con innocue dichiarazioni di principio ma con impegni concreti e vincolanti.

Per la nostra città tali impegni dovranno essere indirizzati in due direzioni fondamentali: verso l’interno con politiche efficaci per l’accoglienza e integrazione dei migranti e verso l’esterno con politiche per la promozione di scambi culturali e commerciali con i paesi del Vicino Oriente e della costa sud del Mediterraneo.

Ringrazio il dott. Micunco per aver dedicato una parte del suo tempo a sensibilizzare e far comprendere a noi tutti il valore di quel “bene comune”, a cui per nessuna ragione al mondo possiamo rinunciare.

Quindi, raccontare e soprattutto fare la pace, sempre.

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