La politica riguarda tutti, la politica siamo noi, un’arca per la politica.

La politica riguarda tutti, ogni singolo individuo. Essa si esprime non solo nel modo di pensare, di “dire la propria”, ma anche nel modo di agire, di fare delle scelte, di portare avanti un’idea, per il bene collettivo. È concetto universale, ma anche “locale”. La politica infatti governa il comportamento della società in generale, ma  nasce e si sviluppa nelle  strade, nei quartieri, nei luoghi di aggregazione e di socialità, in una sola parola nella “polis”, dalla quale appunto prende il nome. È qui che si diffonde e si svolge quotidianamente la sua “musa ispiratrice”.

Questo lo sa bene Carlo Paolini fondatore de LARCA Centro di iniziativa democratica, uno spazio politico aperto e libero, al di fuori ma non contro i partiti tradizionali. Un’associazione che opera nel quartiere Libertà con lo scopo di fare politica diffusa ossia di impegnarsi  nel realizzare concretamente i principi della solidarietà, della lotta contro ogni forma di discriminazione, dell’affermazione dei diritti di cittadinanza piena e consapevole, nel rispetto di ogni diversità.

Quanto è difficile oggi fare politica “solidale” e non “sodale”, a tutela dei diritti di tutti e nel rispetto di ciascuno?

Ma esiste ancora la politica oggi? Da anni vedo ingigantirsi fenomeni quali il leaderismo, il populismo, il carrierismo spinto, gli intrecci sempre più stretti tra il mondo degli affari, la politica e la criminalità organizzata, a danno dei cittadini onesti e di chi lavora e s’impegna per il bene comune. Perciò mi chiedo se possiamo ancora collegare la politica con la solidarietà e sussidiarietà. Perché per me la politica è l’arte della sintesi, la capacità di mediare  fra bisogni e tutela dei diritti dei singoli, soprattutto di chi è più fragile, e il governo della comunità tutta, piccola o grande che sia.

Le cronache quotidiane riportano invece notizie di scandali e corruzione diffusa, che inducono molti cittadini a pensare che la politica è una “cosa sporca” da cui starsene lontani. Non è forse dominante la convinzione che chi ci governa pensa solo ai fatti propri e a quelli della cerchia ristretta dei propri familiari, dei propri amici, dei propri soci? E “gli altri”?

“Gli altri” sono pericolosi, perché non hanno nulla a che fare con i loro interessi, sono pertanto dei ficcanaso se non nemici da combattere! Mi rendo conto che in queste condizioni, diventa veramente difficile pensare alla politica come insegnava Don Milani con il suo “I care” Me ne importa… perché “sortirne da soli è l’avarizia, sortirne insieme è la politica”. Ma… io ci credo e continuo a crederci! Anche se con grande fatica, con grande difficoltà. Essere solidali non vuol dire fare la carità, ma significa comprendere che più cresce la qualità della vita per tutti più produciamo libertà, giustizia e democrazia. “Compito dell’educazione  – diceva Einstein –  deve essere quello di formare delle persone che siano capaci di pensare e di agire autonomamente, ma che vedano nella comunità il loro più alto ideale di vita.” E non è forse questo il vero compito della politica?

Viene prima la politica o il “modo di far politica”?

Non c’è differenza o separazione fra la politica e il modo di fare politica: anzi credo che i cittadini abbiano bisogno di vedere messi in pratica metodi nuovi di “far politica”, stanchi dei vecchi riti oscuri e riservati a pochi. Nella nostra associazione, riusciamo a far convivere e dialogare persone diversissime fra loro, per provenienza sociale, per cultura e per idee: la stella polare è un’idea di politica, indirizzata alla realizzazione del bene comune. In questo campo, la forma è anche sostanza.

La diffidenza dei giovani verso la politica o il fare politica è un dato di fatto: come si cura secondo te?

Io ho ancora davanti agli occhi la grande manifestazione nazionale di Libera di qualche anno fa a Bari: non erano forse le migliaia di giovani ad essere protagonisti? Quella massiccia partecipazione giovanile contro le mafie a Bari e in altre città d’Italia, nel Sud soprattutto, non sono forse il segnale profondo di una concezione della politica che si contrappone alla diffusione di un clima di delusione e insoddisfazione, di incertezza verso il proprio futuro, evidente tra la popolazione giovanile?

Il disagio giovanile non è forse causato dalla mancanza di una classe dirigente, non solo politica, capace ed affidabile? Le stesse Istituzioni non appaiono forse ai giovani incapaci di soddisfare le loro esigenze e quindi distanti? Tutto questo non  li convince forse  a stare lontani dalla vita politica quotidiana?

La democrazia partecipata sembra una parola vuota perché mancano quei contenitori politici in grado di accoglierli in libertà ed autonomia. L’assenza dei partiti, ponte naturale fra i bisogni dei cittadini e lo Stato (come li chiamava Bobbio), che ormai non sono  più quelli disegnati dalla nostra Costituzione, è il vero cancro della politica oggi. Il leaderismo e il populismo hanno di fatto sconfitto il confronto tra idee e valori, che sono il sale della dialettica politica.

Che fare allora? Quale può essere la cura per vincere il disincanto dei giovani? Penso che sia necessario far recuperare la fiducia, facendo conoscere più diffusamente le esperienze positive (che ci sono), collegandosi con chi lavora bene nelle Istituzioni, non facendogli vivere in solitudine il suo impegno, sforzandosi di ri-avviare una grande stagione dei diritti: una stagione in grado di riconquistare l’attenzione e la partecipazione delle nuove generazioni perché la garanzia dei diritti è il primo e importante passo verso la ripresa del mondo del lavoro, in grado di sviluppare nuove possibilità occupazionali che diano speranza per il futuro.

Per i bisogni e le necessità dei cittadini, ossia i problemi concreti in cui ci imbattiamo ogni giorno (strade poco pulite, traffico, sicurezza, ecc.),  quale contributo concreto può dare un’associazione come la tua?

Le associazioni che promuovono la cittadinanza attiva, come L’ARCA Centro di Iniziativa Democratica, possono dare un notevole contributo alla realizzazione di una democrazia più partecipata attraverso la conoscenza delle problematiche, che sono complesse da affrontare e da risolvere. I cittadini pensano a volte che basti la bacchetta magica…

Se le strade sono poco pulite, chi le sporca? Se il traffico è caotico, da chi e da che cosa è determinato?  La sicurezza di tutti riguarda solo le forze dell’ordine? E’ solo un impegno repressivo? Di fronte ai problemi concreti, ci interroghiamo, discutiamo, invitiamo persone esperte e solo alla fine facciamo delle proposte. Intanto chi partecipa a questi incontri, si rende conto che una città più pulita è possibile se i cittadini,non solo l’amministrazione, ma tutti facciamo bene la nostra parte.

Prendiamo il problema sicurezza: la repressione è necessaria, i controlli sono fondamentali, ma non bastano. Proviamo a migliorare complessivamente la qualità della vita delle persone, a far crescere il senso di appartenenza dei cittadini alla propria città, a realizzare la sicurezza partecipata: sono persuaso che sarà molto più facile anche mantenere le strade pulite, avere un traffico meno caotico, diminuire i vandalismi  e soprattutto ci aiuterà a farci sentire sicuri, perché ci abituiamo a vivere non in una giungla urbana ma in una comunità cittadina.

Ecco, questo può essere il contributo di maturità e di “amicizia civica” che possono e devono dare le associazioni di cittadinanza attiva.

Il nostro quartiere di cosa ha bisogno per crescere, ossia che futuro ha il “Libertà”?

Il Libertà di Bari è uno dei quartieri più popolosi della città: vi abitano infatti ben 13.943 famiglie, in tutto 38.979 persone (20.141 donne  e 18.838 uomini, secondo i dati del censimento 2001). 3.000 sono i minori (fino ai 14 anni) e oltre 4000 le persone over 65 anni. Come si vede, il quartiere rappresenta insomma una parte rilevante del territorio della città e insieme ai quartieri Marconi, San Girolamo e Fesca, forma l’VIII circoscrizione, che nel suo insieme raggiunge, sempre nel 2001, una popolazione di più di 60mila abitanti.

Altri dati, sottolineati dagli studi del sociologo Enzo Persichella, ci parlano di una realtà sociale assai articolata, fatta di luci e di ombre: risultano 10.886 gli occupati, di cui ben 8.389 sono lavoratori dipendenti. Assai elevato quindi è il numero di persone dai quindici anni in poi che dicono di non lavorare, in quanto disoccupate oppure in quanto non appartenenti alle forze di lavoro (casalinghe, studenti, ritirati dal lavoro, e ‘in altra condizione’). I disoccupati e coloro che sono in cerca del primo lavoro rappresentano quasi il 14 per cento della città e l’8 per cento del quartiere.

Le informazioni riguardanti il lavoro sono già abbastanza pesanti, ma diventano incredibili se si guarda soltanto alla componente femminile: quasi l’80% delle donne risulta non occupata (più di cinquanta su cento si dichiarano casalinghe). Questi dati ‘ufficiali’ però non permettono di cogliere tutte le forme possibili di lavoro svolto in nero, soprattutto quello svolto proprio dalle tante donne che si dichiarano invece ‘casalinghe’. Senza dire poi del lavoro svolto in nero dai tanti minorenni.

Purtroppo il Libertà rappresenta oggi uno dei quartieri più degradati della città, perchè da decenni non ha visto nessun intervento strutturale, per cui l’abbandono la fa da padrone. Inoltre manca una visione d’insieme per cui gli interventi realizzati, pochi ad onore del vero e tutti in questi ultimi cinque anni, sono stati tutti interventi particolari che non hanno avuto riguardo del quartiere nella sua totalità. Di questa situazione complessiva ne risentono le stesse attività commerciali e produttive.

La mobilità urbana del quartiere contribuisce così, con la crescita abnorme del traffico automobilistico, ad evidenziare una rete stradale inadeguata e a rendere irrespirabile l’aria in molti momenti della giornata. Il Libertà è anche sede del tribunale intorno al quale si è sviluppato un indotto di grande portata, ora minacciato da chi continua ad ipotizzare di trasferire il polo giudiziario barese.

Cosa fare? Fare del quartiere Libertà una  zona strategica per l’intera città.

Fiera del Levante, Stadio della Vittoria e Piscine Comunali, ansa di Marisabella, Stazione, Università degli Studi, Cittadella della Cultura e Tribunale, se collegati all’interno di una strategia di connessioni, possono suggerire (anche ma non soltanto all’urbanista) la progettazione di un serio piano di riqualificazione ambientale. Si tratta di rilanciare e qualificare lo sviluppo e la qualità della vita del quartiere, di rivalorizzarne certo la memoria storica, ma comprendendo anche i profondi mutamenti avvenuti in un quartiere che da essere prettamente barese si è trasformato nel quartiere più multietnico della città, con tutti i problemi che questa situazione può comportare.

Un piano di riqualificazione che torni a valorizzare il groviglio urbano di strade e viuzze, animate dal piccolo commercio, per far uscire il quartiere dalla sua condizione ghettizzante di periferia interna alla città.

Un’attenta politica di riqualificazione e di riuso può recuperare questa zona altamente popolata nella sua originaria bellezza.

Sul nostro sito www.arcabari.it si possono leggere i suggerimenti e le proposte che facciamo per migliorare il quartiere Libertà e la vita complessiva di chi ci vive, di chi ci lavora e di chi viene come ospite.

Parlar male è facile: quali sono le cose positive a tuo avviso riguardanti la città e più nello specifico il nostro quartiere?

Il Libertà, quartiere storico ma “periferia interna” alla città, presenta una gran vivacità, non ha ancora perso del tutto le tracce del mondo artigianale di un tempo e in alcune vie (come via Crisanzio ad esempio) vediamo alcuni dei portoni più belli della città, mentre i balconi conservano le belle ringhiere in ferro battuto di un tempo. La presenza di molti artigiani se ri-valorizzata può rappresentare il momento di ripartenza dello sviluppo economico del quartiere. Fiera del Levante, Stadio della Vittoria e Piscine Comunali, Stazione, Università degli Studi, Cittadella della Cultura e Tribunale, il Redentore, la palestra ex Gil, ecc.: sono il fulcro del ricollegamento alla città nel suo insieme, per non essere più periferia.

La città – anno dopo anno – sta scalando posizioni a livello nazionale in termini di qualità della vita, contrariamente a quanto avveniva fino a qualche anno fa. Molto è stato fatto nel campo ambientale, in quello della mobilità urbana, nel settore delicato del welfare cittadino che ha uno sguardo particolare al mondo degli ultimi, quello dei “senza voce”. Ultimamente è stato aperto uno spazio anche per la musica al Kursaal Santalucia, ma molto resta ancora da fare proprio per quanto riguarda gli spazi per i giovani che devono impegnarsi in prima persona, da protagonisti, se vogliono che la loro città corrisponda ai loro sogni e bisogni!

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