
Articolo di Donatella Albergo
Fotografie di Roberta Giordano
Da bambina abitavo in via Putignani 275, l’ultimo isolato (il primo, per me) di quella bella strada che sorge dalla rossa facciata del Teatro Petruzzelli e declina con l’”Edificio Scolastico Garibaldi”, in Piazza Risorgimento, 1. D’estate quella strada fiorisce di oleandri, oggi sempre più rachitici e stentati, strozzati dall’inquinamento e abbattuti da maldestri e furiosi parcheggi. A nulla valgono robusti tutori in legno o cancellate di ferro…
Quando rivedo quella piazza, mi assalgono i ricordi e ritrovo la mia storia che si intreccia con quel sobrio complesso nel cuore del quartiere Libertà. L’ “Edificio Scolastico Garibaldi”, come recita la bella iscrizione frontale che il restauro ha conservato, ha celebrato il suo centenario nel 2011. Il contratto tra il Comune di Bari e la Società Cooperativa Barese fu firmato il 7 aprile 1906. Nel settembre del 1909, quando già i lavori procedevano a pieno ritmo, a causa di una pioggia torrenziale che aveva investito la città, c’erano stati alcuni dissesti statici che però non fecero slittare di molto la conclusione dei lavori. Infatti, il Commissario Prefettizio Michele Spirito ottenne che l’edificio fosse consegnato dai costruttori entro il 15 ottobre del 1910 e l’anno seguente partirono le attività didattiche.
L’elegante struttura a due piani è sormontata da un orologio incorniciato da due colonnine. Oggi, pur con il restauro, quell’orologio è muto ed è sparita la campana dei rintocchi, più gravi per le ore e più acuti per i quarti d’ora. Quell’orologio e i suoi rintocchi hanno scandito il tempo nelle case che gli si stringevano intorno e nella mia. Quando la campana cominciava a suonare, la mia casa si fermava per contare le ore e per qualche istante si viveva come sospesi, quasi trattenendo il fiato finché la campana taceva.
D’estate fiorivano gli oleandri e verso sera rondini e rondoni impazzivano prima di tornare al nido. In una luce dorata, sfrecciavano così radenti ai balconi che allungando il braccio avresti potuto toccarli. E lì di fronte, la scuola “Garibaldi” sembrava sbadigliare, bassa e larga come una madre accogliente, prima di addormentarsi con le prime ombre della sera.
Ho frequentato quella scuola elementare tanti anni fa, prima del restauro e prima dell’abbandono. Infatti, l’edificio rimase inagibile per ben 17 anni, dal 1986 al 2003, fino a quando l’architetto Eugenio Lombardi firmò l’imponente opera di restauro e ristrutturazione. Quando io la frequentavo, la scuola ribolliva di bambini, maschi e femmine rigorosamente separati. Allora le classi erano solo maschili o femminili e la divisione era netta, anche due ingressi diversi: il portone di sinistra per i maschi e quello di destra per le femmine, grembiulino nero per li uni e bianco per le altre. Mi sembra ancora di sentire il loro vociare all’uscita, scendendo in fretta gli scalini e rincorrendosi nella piazzetta se il tempo era bello.
Ricordo il 1961. Era il primo centenario dell’unità d’Italia! La mia scuola, “Garibaldi” in Piazza Risorgimento, fu una protagonista delle celebrazioni e ogni alunno ebbe il suo fascicoletto della Costituzione (che ancora conservo). Un superbo scalone ti conduceva al primo piano, dove c’era un immenso salone. Qui ogni tanto le classi andavano a vedere qualche film, con il telone bianco, il proiettore e la pellicola che scorreva rumorosamente. Ma la cosa più straordinaria era un immenso quadro sulla parete di fondo: un giovane Garibaldi in un campo di grano biondo, punteggiato di papaveri. Era l’estate, era l’oro, era l’eroe, era la gloria, era la patria, era la storia. Chissà se quel grande dipinto celebrativo è stato salvato dall’ingiuria del tempo e degli uomini.
Il grande scalone portava giù, in un sottoscala dove c’era una mensa o un refettorio o forse solo una distribuzione di pagnotte con formaggino, e qualche volta con cioccolato. Ricordo immense latte di formaggino e ho il sospetto che si trattasse delle ultime risorse degli aiuti americani!
Sto parlando di così tanti anni fa, che lungo le strade laterali di via Altamura e via Barletta sostavano le ultime carrozze di piazza. Sì, quelle nere con un tettuccio di tela impermeabile che d’estate potevi tirare giù e che, a pagamento, ti portavano dove volevi. Erano taxi con cavalli. Prima ce n’erano anche in via Manzoni, ma le automobili facevano la loro comparsa e le carrozze furono spostate lungo le vie laterali, prima di essere vinte definitivamente dai motori. Come avrei voluto farmi portare in qualche posto lontano, cullata in quel nido ombreggiato… ma non è mai successo e le carrozze un giorno sono scomparse in silenzio.
Quanti anni fa? Una vita. La mia.
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Anch’io mi ricordo di quelle scuola elementare così imponente e “bianca”che incuteva rispetto e sobrietà al solo guardarla. Tutti noi bambini in fila e disciplinati, nella piazzetta, dovevamo attendere le nostre maestre per salire le scale accompagnati dalla loro presenza e bastava uno sguardo per capire come dovessimo comportarci. Ricordo anche che c’era una sala proiezioni dove potevamo vedere i films dell’epoca(una o due volte l’anno) e per noi era una gran festa, un’attrazione irresistibile, però dovevamo pagare il costo di 20 lire che secondo me,allora,erano tanti soldi e me ne facevo un cruccio,ma la maestra era severa ed intransigente.
Sí, é vero! Vedere il film nel salone costava 20 o 10 lire!
Correva l’anno 1966 , frequentavo la 1 elementare, la maestra si chiamava Albanese , ricordo di aver avuto un ceffone, ero intimorito, ma non so perché lo fece, nonostante il mio viso d’angelo, ora la scuola è cambiata, guai se tocchi con un dito l’alunno, a quei tempi erano molto severe le maestre