intervista di Antonio Garofalo a Rossella Mauro
Partendo da un progetto, ideato dalla nostra associazione e non realizzato, “Tracce di Storia nel mio Quartiere”, a causa del Covid-19, ho sentito la necessità di farlo “ripartire” idealmente, con chi studia e vive la città di Bari, descrivendola, nelle sue bellezze. Parlo di Rossella Mauro insegnante e scrittrice. Questa intervista poi mi ha dato lo spunto per parlare, con lei di “scuola elementare” e dell’esperienza “irreale” e inaspettata di quest’anno vissuta dai bambini.
Il “distanziamento interpersonale” imposto dal coronavirus, ha determinato il “vuoto” non solo della comunità, compresa quella educativa, come la scuola di ogni ordine e grado, ma anche di alcune iniziative che erano state pensate proprio per la didattica.
“Tracce di storia nel quartiere” è una di queste. Promossa dalla scuola di formazione alla cittadinanza attiva “Libertiamoci”, con il patrocinio del Primo Municipio di Bari e dell’UNICEF avrebbe dovuto riappropriarsi e rivitalizzare alcuni “elementi smarriti”, come è stato scritto nella presentazione di tale evento. Un progetto pensato per le scuole medie a cui poi si sarebbero aggiunte le scuole elementari, pensate per i quartieri del Municipio I, tra cui appunto Libertà, Murat e altri.
“Negli anni che viviamo, sempre più frenetici e convulsi, si corre il rischio di incorrere nella superficialità e nel disinteresse, dimenticando le proprie radici e le capacità di analizzare consapevolmente il presente e il vicino che sono il risultato di un lontano. Partendo dalla convinzione che conoscere sé stessi, i luoghi di appartenenza e le proprie radici sia il primo passo per la condivisione, l’apertura mentale e l’accoglienza, il progetto prova a risalire, attraverso la scoperta di tracce di una storia “minore”, alle coordinate del nostro tempo”.
E’ chiaro che per il prossimo anno scolastico, in “presenza”, le finalità di tale progetto sono tutte pronte per essere realizzate: guidare i giovani nella comprensione del valore storico e artistico di elementi architettonici, scultorei, grafici e di varia natura presenti nel quartiere. Promuovere la ricerca e l’analisi degli elementi storico-artistici dei beni culturali, anche minori. Promuovere messaggi di comunicazione sociale. Stimolare la creatività e l’espressione artistica. Guidare gli studenti nel passaggio dalla conoscenza degli elementi osservati al rispetto del quartiere, della città, del Paese, del mondo.
Io penso che per parlare di scuola e della storia del proprio quartiere, non c’è persona più appropriata di Rossella Mauro, laureata in pedagogia, insegnante di scuola elementare e autrice di libri, due su tutti, “speculari” tra loro: “A spasso per Bari Vecchia” e “A spasso per Bari nuova”, per ragazzi e più piccoli.
Com’è stato quest’anno scolastico nella scuola elementare dove insegni?
Sicuramente l’anno scolastico appena concluso sarà ricordato nella storia come il primo anno in cui una “relazione educativa” è avvenuta a distanza. Distanza e relazione: due termini non complementari, anzi all’antitesi. Proprio perché persone, non possiamo immaginare la relazione senza il coinvolgimento fisico di tutto il nostro essere: la parola si modula afferrando la risposta di chi ascolta e la risposta è non solo nella parola, ma anche e soprattutto nello sguardo e in tutto il corpo che tende all’altro. Quante volte, durante una videolezione, dall’altro capo del monitor scorgevi chi tranquillamente era sprofondato in un divano o consumava una merenda o parlava con la mamma che in quel momento passava nella stanza! (quando non si sostituiva all’alunno!) E non poteva la voce dell’insegnante o il suo sguardo o una carezza richiamare l’attenzione … perché? Perché era semplicemente DISTANTE. E la distanza fisica poteva facilmente trasformarsi in una distanza delle menti o del cuore. Nella nostra scuola, come in tutte le scuole, all’inizio ci si è trovati tutti un po’ impreparati. L’informatica era già entrata nella didattica, nel nostro istituto quasi tutte le classi sono fornite di LIM. Si era, però, impreparati all’uso delle piattaforme e delle classi virtuali. Dopo il primo disorientamento, i docenti si sono attrezzati per rispondere alle nuove esigenze. La quasi totalità degli alunni è riuscita a seguire le lezioni a distanza con computer, tablet o semplici cellulari.
Inoltre, noi docenti abbiamo compreso che era importante prestare attenzione agli stati d’animo, ascoltare i racconti degli alunni che vivevano una situazione inaspettata quanto inadatta alla loro età e non solo.
Sono nati allora dei progetti che hanno cercato di coinvolgere emotivamente gli alunni: scrivere filastrocche sul Covid o raccontare la nuova vita da reclusi. Alcune classi hanno partecipato virtualmente ad una gita ad Urbino organizzata dall’Università di quella città. Si è lavorato, insieme ad altre classi, per progetti comuni: è stato realizzato un padlet su San Nicola, abbiamo terminato il progetto Palimpsest con l’Università di Bari che ha visto i bambini raccogliere la testimonianza dei nonni per recuperare antiche tracce narrative sulla città. Infine, più classi hanno partecipato attraverso un gioco virtuale creato dai docenti, ad una caccia al tesoro per le vie della città vecchia.
Scuola a “distanza” ovvero “in presenza”: possono a tuo avviso coesistere? Quale il tuo punto di vista?
Nel momento in cui la scuola avviene “in presenza” non credo ci sia bisogno di “distanza”. Ovviamente l’uso di alcuni programmi o di piattaforme può migliorare alcuni lavori scolastici. Penso, per esempio, al gemellaggio con un’altra classe e all’utilizzo di zoom per una videoconferenza.
Cosa fare nel prossimo anno scolastico per rigenerare una “comunità vuota”, come da più parti è stata definita quest’anno la scuola, compresa quella media ed elementare?
Bisognerà ripartire da una riflessione sul momento storico che abbiamo vissuto, analizzare le emozioni e i sentimenti provati nel periodo di chiusura. È fondamentale ripartire dalle relazioni. La lontananza ne ha fatto comprendere il valore e la necessità. In una comunità scolastica così rinsaldata, si può creare quel clima positivo che è alla base del processo di apprendimento e da cui nasce di conseguenza la “voglia di scoprire” e di scoprire “insieme”.
“Tracce di storia nel proprio quartiere”: quanto secondo te a livello didattico si investe sui luoghi “emblematici” o significativamente “minori”, in termini di storia e ricerca di elementi artistici, culturali, che parlano attraverso i nostri quartieri, della storia di Bari?
Negli ultimi anni fioriscono sempre più proposte didattiche attente alla storia della città. Da parte mia ritengo che attraverso la storia locale si possa comprendere meglio la storia generale. La nostra storia è un frammento della storia dell’umanità, per questo, costruendo la propria identità culturale si possono riconoscere le altre identità culturali e, tramite il confronto, individuare analogie e differenze. Durante la mia carriera professionale ho sempre insegnato storia partendo dal vicino sia che fossi al San Paolo o al quartiere Libertà o nel Murattiano. Credo che negli ultimi anni si siano fatti numerosi passi avanti. Le nuove generazioni conoscono meglio Bari, alcune vicende legate alla sua storia, i suoi monumenti. Venti anni fa, quando ho scritto il mio primo libro “A spasso per Bari vecchia”, molti baresi avevano paura a metter piede nel centro storico. Ora non è più così: molti docenti approfondiscono con gli alunni la storia locale e ai ragazzi piace entrare nella città vecchia per una lezione dal vivo. Sì, perché Bari vecchia e così tutta la città è una grande aula all’aperto. Ancora molto c’è da fare perché la storia locale entri nel curricolo di studio a pieno titolo: corsi di approfondimento per i docenti, maggior numero di ore per laboratori storici, flessibilità e apertura all’interdisciplinarietà.
Ma io sono ottimista e credo che un po’ di amor proprio sia scattato nei baresi.
E infine: quale consiglio dare ai più piccoli e ai ragazzi, durante queste vacanze, appena iniziate?
Il mio consiglio per le vacanze? Guardarsi intorno e farsi prendere dalla curiosità di scoprire ogni dettaglio. Osservare con occhi nuovi quello che ci sta davanti e chiedersi: perché è lì? da quanto tempo? chi lo avrà messo? … e porsi mille domande ancora.
E poi? Cercare delle risposte.
Perché la città è un libro aperto che racconta una storia tutta da scoprire.