BARI … in parole

Articolo a cura di Adriano Francescangeli                          

 

Nell’era dell’immagine, Libertiamoci Vi regala, per il Nuovo Anno, sei descrizioni di Bari in cui si può apprezzare non solo la bellezza del contenuto ma anche la ricchezza della scrittura. La prima descrizione risale al Tardo Medioevo che fu per Bari un tempo di grande prosperità; la seconda, nel tempo della Bari spagnola, ad opera di un illustre viaggiatore russo devoto di San Nicola; la terza risale al periodo di espansione del Murattiano e si inquadra nel periodo in cui i viaggiatori – scrittori europei si spingevano nel Sud Italia alla ricerca di un qualcosa di esotico o di una qualche particolarità  etnica. Le altre tre descrizioni sono firmate da grandi scrittori e giornalisti italiani e sono state scritte durante il XX secolo.

 

«Gli abitanti di Bari si commossero al vedere i figli di Israele nudi e avvinti in catene e li ricoprirono con i loro abiti. Dio ricompensò il bel gesto, raccogliendo da ogni contrada grazia e bellezza e riversandole sugli abitanti di Bari, così che non ci fu al mondo gente più bella, al punto che nacque il detto: chiunque entra a Bari non ne esce senza aver prima desiderato di peccare”»

Cronaca ebraica del IX secolo

 

«Sotto il presbiterio, ricavata nel sottosuolo, c’è un’altra chiesa, nella quale si conservano i resti santi e miracolosi di S. Nicola; … Nessuno può in alcun modo entrare nella tomba. Solo i canonici della chiesa raccolgono il balsamo nel modo seguente: ad un apposito bastone di ferro legano una spugna che calano attraverso il foro insieme ad una candela; la spugna s’imbeve del santo balsamo che esce dalle ossa miracolose. Essi la tirano fuori, la strizzano in un vaso e ripetono l’operazione fino a raccogliere tanto balsamo quanto occorre. La sostanza miracolosa non viene mai a mancare. I canonici la distribuiscono a tutti coloro che la chiedono, nella quantità che desiderano, senza negarla a nessuno e senza pretendere un pagamento.»

P.A. Tolstoj, Diario di viaggio prima traduzione del testo russo ad opera di Claudia Piovene Cevese in “Il viaggio in Italia di P.A. Tolstoj [1697-1699]”

 

« Per me, la trovo attraente questa città nuova, con le sue vie larghe, ad angoli retti, che consentono di veder sempre in fondo ad esse il mare, come si vedono a Torino le Alpi »

 Paul Bourget, Sensations d’Italie, 1891

 

« …Il mondo attorno all’antico San Nicola è un formicaio ebbro di vitalità. Vecchi cortili sono stanze, vecchie cappelle sono magazzini, una scala sfonda un muro, un muro alza la testa oltre il soffitto. Passa con il braccio steso il venditore di pomodori secchi e salati e il suo lamento incomprensibile eccita l’appetito. Allora mille bambini seminudi sporgono il loro pezzo di pane. Mentre la madre pettina la comare, la figlia fa la pasta su una pietra larga, davanti all’uscio di casa. Con un pizzico di pasta mette al mondo altri pupi, ci soffia su: andate a giocare, toglietevi di qui. Così si moltiplica all’infinito la vecchia Bari, grazie a Dio, cresce nuova e non muore mai.»
Italo Calvino, Finibusterre, 1954

 

«…Bari negli ultimi vent’anni è aumentata di 70.000 abitanti; ma è quasi decuplicata dall’inizio del regno. Nella rapida crescita è nata una grande città moderna, con un lungomare maestoso, in cui l’architettura monumentale del periodo fascista ha trovato il suo pascolo. Bari è così divisa tra una parte moderna che ne occupa la maggior parte, dalle vie ampie, regolari, diritte disposte a reticolato e senza una speciale caratteristica; ed una parte vecchia compressa in punta, allo stesso livello, le viuzze strette aggrovigliate al riparo dai venti, l’opposto, si direbbe, della città borghese che la circonda. Qui, come in separata sede, la vita della Puglia viene alla luce; gli stessi uomini sembrano cambiare aspetto e prenderne uno più indigeno. »

Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1957

 

«Ora, quando vidi per la prima volta Bari, io non sapevo capacitarmi di questa dissomiglianza radicale con le città che in teoria dovrebbero più assomigliarle: e l’ho capito più tardi, dopo aver visitato Gerusalemme. D’un colpo nella Gerusalemme vecchia, mi sentii a Bari: e come capii, allora, il senso esatto di corte che è stato dato alla piazzetta-sagrato antistante al San Nicola. Non è la piazza italiana, è una corte di moschea e, sia pure in piccolo, l’Hara, lo spiazzo sacro dove fu il tempio a Gerusalemme, in cui si entra dalle porte e ad una certa ora si chiudono i cancelli. Altro che palazzo del Catapano, quale si favoleggia ora dovrebbe esser rappresentato dal nucleo di San Nicola. Nulla c’è di bizantino ma tutto è di discendenza araba e lombarda, incrocio fertile, come sempre, fra due sangui poco amici. …. Ma Bari vecchia è l’aggregato arabo, e quando non è Gerusalemme, è Damasco: le volte hanno il senso del mercato coperto che sia Bazar o Suk. E sono anche le volte di un paese che vuole deviare e rompere i venti gelidi che vengono dal settentrione, e ripararsi dal sole che, d’estate, ossia per otto mesi, calcina gli occhi e le pietre.»

Cesare Brandi, Pellegrino di Puglia, 1960

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