
Articolo di Gabriella De Santis
Fotografia elaborata da Roberta Giordano
“I servizi pubblici sono il mezzo migliore per insegnare praticamente i sentimenti del dovere verso la comunità, dell’amore verso il proprio paese e dell’abnegazione. Il lavoro degli scout che in tempo di pace e di guerra si sono volontariamente assunti compiti difficili al servizio del proprio paese, è in sé stesso una prova dell’entusiasmo dei ragazzi nel fare del buon lavoro e della prontezza nel rendersi utili laddove scorgono buona causa. In questo senso abbiamo un mezzo potente per sviluppare praticamente l’ideale del civismo. Sono queste le parole con cui vengono formati gli educatori scout e con le quali compiono il proprio servizio verso la cittadinanza, senza essere retribuiti, rimanendo sempre nelle quinte, ma svolgendo uno dei compiti più difficili e gratificanti : dar vita ai cittadini del domani…cittadini migliori con un forte e “quasi innato” senso del civismo.
L’A.G.E.S.C.I. infatti si propone come un movimento politico non elettorale, che traendo la sua ragion d’essere dagli insegnamenti del suo fondatore B.P. , si impegna a “far stare bene gli altri” e a rendere il mondo migliore di come lo si è trovato. Vi chiederete com’ è possibile, in che modo un gruppo di “bambini vestiti da cretini e cretini vestiti da bambini” – come gli scout furono definiti – possano apportare migliorie alla comunità?! Gli scout, diversamente da come l’immaginario collettivo li descrive, – a mio avviso frutto di un’IGNORANZA ALLO STATO PURO – sono sempre al servizio altrui, dei meno fortunati e contribuiscono in parte a rendere migliore la vita della comunità. Ecco come il significato di cittadinanza attiva si sposa perfettamente con la volontà di rendere il mondo migliore. Cominciando dalla realtà più vicina , dalla realtà cittadina.
Anche questa è politica e si nutre di relazione, confronto e dibattito, senza le quali la politica vera, quella efficace, genuina, con la P maiuscola sarebbe scevra delle sue ragion d’essere. Allora ci si chiede che cosa è la politica? Quale il suo scopo?
Può essere facile trovare risposta nell’etimologia della parola, che deriva dal greco Téchne politiké cher acchiude in sè la teoria della pólis, che era per i Greci uno spazio reale, un luogo, un topos, in cui si viveva. Ma, oltre ad esprimere questo concetto di realtà storica, fisica, nella quale si abita, pólis significava anche reticolo: un sistema di relazioni fra gli uomini, una forma di organizzazione della vita delle persone, degli individui che risiedevano in un certo territorio, che calcavano quel territorio, quella pólis, quella città. Non è strano quindi che Aristotele abbia definito l’uomo, in modo così radicale e deciso, come zoon politikón, animale politico.
Infatti, amministrare la “cosa pubblica” è qualcosa che riguarda tutti da vicino, senza credere di doverla delegare ad altri – con il meccanismo tipicamente italiano dello ”scarica barile” – poiché è sempre molto facile lamentarsi a posteriori, ma ciò che veramente è complicato e richiede grandi dosi di coraggio è il mettersi in gioco in prima persona, assumendosi le giuste responsabilità e avendo la capacità di non cedere alle tentazioni di una politica che marcisce nella corruzione.
Testimonianza attiva de “Il coraggio della partecipazione e il tempo di essere protagonisti” è stata offerta da alcuni ex-scout che attualmente hanno impegnato la propria vita in un altro tipo di servizio..quello verso la comunità, la città in cui vivono.
Parliamo di:
Clementina Fusillo – Assessore del comune di NOCI (Politiche sociali- Inclusione e Solidarietà – Parità di genere – Cittadinanza attiva -Trasparenza Amministrativa);
Rosa Calò – Vicesindaco del Comune di BITONTO; Assessore con Delega alle Politiche del Territorio, Mobilità sostenibile, Personale e Pari Opportunità;
Domenico Nisi – Sindaco di NOCI;
Guglielmo Minervini – Assessore Regione Puglia Politiche giovanili, Trasparenza e Legalità partecipazione di Marilina Laforgia, presidente del Comitato nazionale.
Nell’incontro tenutosi a Bari nel pomeriggio del giorno 18 Gennaio 2014 presso la sede dei Missionari Comboniani, i relatori dell’incontro hanno parlato delle loro esperienze di servizio scout e di come quest’ultimo abbia poi influito sulle decisioni future e li abbia supportati in questi atti di coraggio, quali le cariche che oggigiorno ricoprono.
“Troppi si occupano dell’amministrazione pubblica unicamente perché hanno il dono della parlantina o qualche nozione mal digerita sul modo con cui l’amministrazione dovrebbe essere condotta, sebbene poi non abbiano alcuna esperienza o reale conoscenza della faccenda…..” parlava così B.P. nel secolo scorso..ed è curioso vedere come nulla è cambiato ed è tutto ancora così stagnate! Ma Baden Powell parlava anche del coraggio di mettersi in gioco ed è lo stesso coraggio di cui i quattro ospiti si sono fatti portavoce. Hanno tutti riportato la propria esperienza, riuscendo a ricavare delle coordinate comuni, tra cui la “chiamata al servizio” vista inizialmente come una “vocazione al martirio” (Rosa Calò), qualcosa che spaventava – vista la grande portata delle responsabilità- ma nel momento in cui si è capito che non si trattava di se’ stessi ma di un’intera comunità, una qualche forza innata dal profondo ha spinto loro verso il fatidico “si”. “SI” al cercare di “migliorare ciò che non va” e a non aspettare che siano gli altri ad agire o che i cambiamenti arrivino dall’alt, ma far si che possano partire dal basso, dalla realtà quotidiana..da tutti noi!
Infine non c’è invito e provocazione più appassionato e commuovente di quello che si evince nel passo tratto da Giocare il gioco, Nuova Fiordaliso, Roma 1997, p.45 : “ è il carattere dei suoi cittadini, non la forza delle sue armi, che eleva un Paese al di sopra degli altri. Per “carattere” voglio che si comprenda che non penso solamente ad un autocontrollo e autodisciplina passivi: il concetto include anche, oltre a queste qualità, il desiderio attivo di fare le cose. Non è solo “l’essere” buoni, ma il “fare” del bene che conta.